martedì 14 dicembre 2010

Nullafacente


Vorrei avere il coraggio di andarmene e lasciare il Nano e il suo papà in balia di sé stessi per dieci giorni. Non che pensi che deperirebbero fino al collasso, ma credo che soprattutto il suo papà comincerebbe a farsi un'idea più realistica delle mie giornate.
Gli anni Sessanta non sono mai morti, garantisco io e una schiera infinita di altre non più giovani madri come me, alle prese con pupi e papà quarantenni. Quegli stessi quarantenni che criticano i loro padri settantenni per la loro assenza , per essersi sempre troppo concentrati sul lavoro e per non averli capiti.
In più c'è questa meraviglia di Paese, che a me ha offerto 5 mesi di maternità e tante ore all'INPS a elemosinare uno straccio di bonifico. E così, dopo anni di studi, di mille lavori diversi e di contratti diversamente subordinati, mi ritrovo a inviare il mio curriculum schizofrenico (che forse piacerebbe in America, ma qui fa tanto dispersiva-indecisa, una che avrebbe le possibilità, ma non si applica) in risposta a offerte che spaziano dal redattore all'educatore.
Attualmente risulto nelle indagini statistiche come nullafacente.
In effetti, cerco lavoro per circa 40 minuti al giorno (è il tempo di pisolino massimo che il Nano mi concede) e scrivo post sul mio blog mentre un neonato si rotola piangente ai miei piedi.

venerdì 10 dicembre 2010

No panic


Gli adulti pensano che i bambini abbiano paure semplici. Pensano che un bambino non sappia cosa sia la vera paura, quella di perdere il posto di lavoro, di non arrivare a fine mese, di perdere una persona cara, di ferire qualcuno o esser feriti.
Io invece posso dire che le mie paure dell'infanzia sono ancora un luogo di terrore, a cui mi avvicino timidamente e che racconto ridendo forte per non sentire ancora (e per quanto?) quel senso di solitudine e buio che a volte mi prendeva. Avevo paura del vento, ma forse avevo paura che quel vento dicesse qualcosa che non si potesse dire, che urlasse pensieri che non si potevano pensare.
Quindi forse sono i grandi che semplificano, impoveriscono, riducono al silenzio e mortificano.
Eppure le paure sono storie interessanti.
Qualcuno ha paura di farsi tagliare i capelli, qualcuno ha paura del buio, qualcuno della sorella di Ben Hur, qualcuno dei gatti, qualcuno di un nome.
E voi, di cosa avevate paura?

domenica 5 dicembre 2010

Nani per sempre


Nononononononono. Mai e poi mai. Subito nella cameretta. Lasciarlo piangere. Nel box almeno un'oretta al giorno. Cinema. Serate con le amiche. E sesso, tanto sesso. Non è che un figlio può stravolgerti la vita. E poi è importante anche per lui non dover sempre dipendere dai genitori. Per crescere ci vuole autonomia, indipendenza.
Sconfitta su tutta la linea. E, anzi, intenerita e rammollita (in ogni senso) come non mai. Dopo sei mesi di ruolo materno, mi ritrovo a difendere il diritto alla coccola perpetua, al lettone (schizofrenicamente concesso quando ho troppo sonno per lottare), alla dedizione genitoriale totale.
Il mio cervello è abitato da due tizie che non so gestire: Quella-di-prima e Mamma-di-nano. Entrambe parlano e sbraitano in continuazione, dicendomi quello che dovrei fare, pensare e provare.
Lui piange.
Quella-di-prima: "Lascialo stare, fatti la tinta piuttosto. E poi le lacrime fanno gli occhi belli."
Mamma-di-nano: "Oddio, morirà. Si sentirà abbandonato e tenterà di soffocarsi con il Signor Gufo (il pelouche preferito del Nano, ndr)"
Risultato: un volto segnato da quest'eterna oscillazione tra ribellioni adolescenziali e sensi di colpa, un corpo ridotto allo sfascio, sonno, attacchi bulimici che sopraggiungono nei trenta minuti in cui il Nano dorme, amicizie trascurate, poi recuperate in serate in cui non ascolto una sola parola e penso solo che sto perdendo minuti preziosissimi di sonno.
Si dice che poi crescono, che poi hai nostalgia di quando erano dei teneri puffi. Io non lo credo. Un Nano è per sempre.